Ansia normale e ansia patologica

 

L’ansia è sicuramente un sintomo disabilitante primario, ma, poichè evidentemente è a vantaggio di ciascuno rispondere con ansia in certe situazioni minacciose, si può parlare di ansia normale in contrasto con un’ansia anormale o patologica, inoltre questa esperienza è così comune che la completa assenza di ansia in una persona può suggerire la presenza di psicopatologia.

 

L’ansia deriva da un meccanismo fisiologico assolutamente normale che i nostri antenati utilizzavano per affrontare una situazione di minaccia, chiamato attacco – fuga. In tale meccanismo vi è una rapidissima attivazione di tutte le funzioni neurovegetative: accelerazione del battito cardiaco, aumento del ritmo del respiro, trasferimento del sangue ai muscoli che diventano tesi e scattanti, aumento dell’attenzione e della vigilanza (vedi fig. 1).

 

Questi cambiamenti sono la conseguenza del rilascio nel sangue di adrenalina, che attiva parte del Sistema Nervoso Autonomo e sono funzionali alla risoluzione della situazione di minaccia che può appunto avvenire attraverso la fuga, ovvero l’allontanamento del minacciato dalla minaccia oppure, soprattutto quando la fuga è impossibile, attraverso l’attacco, ovvero l’eliminazione diretta della fonte di pericolo.

La natura ha curato particolarmente quest’istinto e ha dotato l’uomo del medesimo meccanismo fisiologico di fronte a minacce esterne reali.

 

Cambiamenti fisiologici che accompagnano uno stato d’ansia

 

Figura 1 

 

§         Il respiro si fa più frequente e le narici o i polmoni si espandono, aumentando la quantità di ossigeno disponibile per i muscoli.

§         Il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna aumentano in modo da trasportare velocemente l’ossigeno e il nutrimento richiesti dai muscoli.

§         Il sangue è dirottato ai muscoli, particolarmente ai grossi muscoli degli arti inferiori. Meno sangue affluisce agli organi interni ed anche alla faccia e si può perciò diventare “bianchi dalla paura”.

§         I muscoli si tendono preparandosi ad una risposta veloce.

§         Il sangue aumenta la sua capacità di coagulare, cosicchè nel caso di ferita si riduce la perdita di sangue.

§         Aumenta il sudore per contrastare il surriscaldamento dovuto ad una grossa attività fisica. I vasi sanguigni si dilatano in vicinanza della pelle per raffreddare il sangue

§         La mente si concentra sul pensiero “ Qual è il pericolo e come posso evitarlo?” e ignora tutto il resto.

§         La digestione si ferma. La bocca si fa secca e produce meno saliva. Il cibo si ferma nello stomaco e può dar luogo ad una sensazione di nausea e di “nodo allo stomaco”. Viene invece liberato nel sangue lo zucchero, che serve a fornire energia.

§         Il sistema immunitario rallenta. Il corpo per il momento concentra tutti i suoi sforzi nella fuga.

 

 

Questo meccanismo è molto efficace quando dobbiamo affrontare un vero pericolo esterno che minaccia la nostra sopravvivenza, ma tale risposta è utile solo nel breve periodo e diventa problematica quando si attiva troppo facilmente, e in situazioni che non comportano una reale minaccia fisica.

Tuttavia  in gran parte delle situazioni stressanti del mondo moderno  (situazioni che riguardano la nostra posizione sociale, la nostra immagine, i nostri rapporti o altre situazioni tipicamente umane) purtroppo  il meccanismo di attacco – fuga si attiva ugualmente, come se ci trovassimo di fronte ad un pericolo fisico, e dunque proviamo un’emozione sgradevole e poco utile che chiamiamo ansia. 

Come l’allarme di una macchina, se è troppo sensibile, scatta quando non dovrebbe, così un sistema di allarme fisiologico troppo sensibile attiva la risposta attacco o fuga nel momento sbagliato e in situazioni di scarso pericolo. L’ansia quindi consiste nell’attivazione delle medesime reazioni fisiche del meccanismo attacco-fuga che però non vengono emesse in un contesto appropriato di reale minaccia o pericolo.  

L’ansia avverte di una minaccia esterna o interna e ha qualità atte a salvare la vita  mettendo in guardia da minacce ai danni del corpo, dal dolore, dall’impotenza, da una possibile punizione, dalla frustrazione di bisogni sociali o corporali, dalla separazione da persone amate, da una minaccia al successo.

Un po’ d’ansia è normale  e può indicare che esiste un pericolo o un danno potenziale. Camminare nel buio in un vicolo deserto e sentire un rumore di passi creano una vigilanza fisica di tipo ansioso che facilita la fuga se diventa necessaria, in tal modo l’ansia evita il danno allertando la persona a compiere certi atti che prevengono il pericolo.

In conclusione: l’ansia si accompagna normalmente alla crescita, al cambiamento, all’esperienza di qualcosa di nuovo e di mai provato e può essere una potente motivazione; bassi livelli di ansia possono determinare un aumento dell’attenzione e una migliore prestazione e la risposta d’ansia diventa allora una risposta adattiva positiva poiche’ crea uno stato ottimale di vigilanza mentale e tensione motoria.

Yerkes e Dodson hanno studiato il rapporto tra ansia e livello della prestazione, stabilendo la legge che va sotto il loro nome e che è semplificata in figura 2:

 

                        Performance

 

                     

  


 

   

 

 

                                                                                             Ansia

 

Figura  2  – Legge di Yerkes-Dodson                                                                           

Il rapporto tra ansia e performance configura un andamento ad U rovesciata: a livello d’ansia minima (= totale assenza di motivazione), la performance è pressochè nulla. Con l’aumentare dell’ansia migliora la qualità della prestazione, fino ad un livello ottimale (punto X della figura). A questo punto l’ulteriore aumentare dell’ansia comporta effetti negativi sulla performance, che scade progressivamente fino al punto massimo di ansia, cui corrisponde l’impossibilità di ogni prestazione. E’ questa la condizione del panico paralizzante.

E’ difficile tracciare una linea precisa di demarcazione tra ansia normale e ansia anormale. Tuttavia l’ansia è generalmente considerata una reazione normale ( figura 3) se è attivata da un pericolo realistico e se scompare quando questo non è più presente, promuovendo l’apprendimento, l’attenzione, la vigilanza, la performance psicofisica, in generale sostenendo l’individuo nella sua capacità di risoluzione dei problemi.

 

Figura 3

 

Si può convenire che l’ansia cessa di essere fisiologica e diviene disadattiva allorchè perde quel suo ancestrale valore di utilità per la sopravvivenza, ovvero nelle seguenti situazioni:

-         quando il livello d’ansia è assolutamente sproporzionato rispetto al rischio e che eventualmente si mantiene oltre la soglia individuale di contenimento anche quando il possibile rischio e pericolo sono terminati.

-         quando non è richiesta alcuna prestazione, per cui l’ansia si palesa come spiacevolezza inutile, quest’ultima evenienza si ha quando la prestazione è devoluta ad altri ( esempio del passeggero di un aereo) quando la minaccia è interna e intrapsichica, quando la minaccia anziché attuale è futura, quando cioè è l’anticipazione del pericolo e non il pericolo stesso a provocare le reazioni dell’ansia.

-         quando porta ad episodi di estrema vigilanza, eccessiva tensione motoria, iperattività del sistema nervoso autonomo e ridotta concentrazione.

-          quando si ha perdita del controllo delle proprie emozioni, la percezione di sentimenti di impotenza e incertezza, incapacità di affrontare situazioni nuove o impreviste con conseguente sofferenza e disagio

-         In generale l’ansia diventa patologica quando è immotivata e si verifica in risposta ad una previsione di pericolo, in assenza di prove realistiche che questo accada. In tal caso infatti i sintomi sono sproporzionati rispetto all’effettiva possibilità che il danno si verifichi e risultano persistenti ai tentativi generici di rassicurazione. In conseguenza a ciò, si verifica un marcato disagio ed una restrizione delle normali attività del soggetto.

 

Figura  4