I bambini e l’alimentazione: quando la tavola diventa un campo di battaglia!

 

 Se il bambino mangia va tutto bene, se non mangia i genitori iniziano ad allarmarsi. Ma il cibo ha solo un significato nutrizionale per il bambino?

 

Il rapporto che il bambino instaura col cibo è carico di informazioni circa il suo appetito e la sua salute fisica, ma anche di componenti psicologiche ed affettive del tutto personali. Dobbiamo ricordare, infatti, che il primo atto nutritivo avviene all’interno di una relazione affettiva, dove il piccolo nel suo affacciarsi alla vita, incontra il latte materno insieme all’accoglienza, alle attenzioni e all’amore della sua mamma. Così, la stretta alleanza tra la dimensione nutritiva e la dimensione affettiva rende l’alimentazione un canale privilegiato con cui il bambino può esprimere le sue problematiche personali e relazionali.

 

Che significato può avere il rifiuto del cibo da parte del bambino?

 

Una volta escluso che si tratti di un malessere di natura organica (febbre, raffreddore, disturbi intestinali…), occorre sapere che verso i 2 anni il bambino inizia a dire i suoi primi “no” ai genitori e a diventare oppositivo e ribelle. Lo fa al fine di affermare la propria personalità e la propria autonomia. La “fase del no”, che fa tanto spazientire i genitori, ma che è altrettanto necessaria alla crescita, si riflette anche nell’alimentazione. Così il bambino incomincia a manifestare le sue preferenze e i suoi rifiuti, che vanno rispettati, senza imporre una particolare pietanza, o insistere affinché non resti nulla nel piatto. Altrimenti, il bambino si accorgerà della preoccupazione della mamma verso i suoi atteggiamenti alimentari e potrà utilizzare il rifiuto del cibo come strumento di ricerca di attenzioni, come arma di ricatto o come forma di protesta nei confronti della mamma: un braccio di ferro tra genitore e figlio che diventerà poi difficile da controllare. 

 

E al contrario, perché i bambini mangiano troppo?

 

L’ansietà circa l’alimentazione può portare alcune madri a rispondere ai diversi bisogni del bambino con l’offerta di cibo. In questo modo, anche se la madre placa velocemente il pianto del bambino, non impara, però, a riconoscere i veri bisogni o i vari malesseri che hanno scatenato quel pianto. Ne consegue che anche il figlio non impara a riconoscere e a comunicare le proprie emozioni e il cibo diventa per lui, come per la madre, “un tappo che chiude la bocca”, un mezzo privilegiato con cui placare ogni tensione. Anche da grande questo bambino si rifugerà in una “rassicurante” mangiata al posto di capire e comunicare quello che prova, incoraggiando, attraverso la sovralimentazione, problemi di sovrappeso o di obesità.

 

Come prevenire i disordini alimentari?

 

E’ importante non solo insegnare corrette abitudini alimentari, ma anche saper cogliere i mille messaggi che il piccolo ci manda, per prepararci a rispondere ai suoi bisogni in modo appropriato con spontaneità e sensibilità, evitando di prestare un’attenzione eccessiva al cibo, perché il bambino è soprattutto di altro che ha bisogno: della nostra presenza e del nostro ascolto.

 

clicca quì per tornare indietro