DIFFICOLTA’ NELLE RELAZIONI CON GLI ALTRI:
COME COSTRUIAMO I NOSTRI LEGAMI AFFETTIVI?
Perché strutturiamo relazioni in modo da garantirci una costante
infelicità? Perché ostinarsi a scegliere o a mantenere dei partner che
alla lunga ci logorano, ci calpestano a volte addirittura ci maltrattano
anziché decidere di lasciarli?
La questione di come strutturiamo da adulti relazioni sane o infelici ha
radici lontane.
E’ ormai assodato, grazie a numerosi studi condotti in ambito
psicologico, che la qualità delle esperienze di cura avute con la madre
nei primi anni di vita, determina una sorta di “imprinting”, ovvero uno
schema interpersonale sufficientemente buono o danneggiato, che tende a
ripetersi nelle relazioni successive.
Se un bambino fa esperienza di una madre sensibile e responsiva, ovvero
capace di riconoscere le richieste del piccolo e di accorrere con
prontezza, interiorizzerà un modello di sé come persona degna di essere
amata e confortata e un modello di madre come di una persona di cui
fidarsi. Questa previsione verrà estesa anche alle altre persone con cui
il bambino sceglierà di interagire e da cui si attenderà fiduciosamente
di essere accettato e amato.La fiducia in se stessi acquisita grazie a
queste prime interazioni porterà l’individuo ad evitare, da adolescente
e da adulto, situazioni e persone che possano farlo sentire frustrato
nel suo bisogno di essere accettato ed amato. Contrariamente, questa
sicurezza affettiva tra madre e bambino può venire a mancare per diversi
motivi, nessuno di questi imputabile ad una presunta colpevolezza della
madre, la quale può venire ostacolata nella propria disponibilità
accuditiva da problemi contingenti.
L’accudimento del piccolo si viene, in questi casi, a costituire su
modalità distorte di interazione e di comunicazione, suscettibili di
produrre nel corso della crescita difficoltà relazionali, il cui esito
nella vita adulta si caratterizza come paura dell’intimità.
Ripetute esperienze di intrusività, inaffidabilità, coercizione,
disattenzione, trascuratezza o di vero e proprio rifiuto vissute durante
l’infanzia, favoriscono nel bambino, sia l’idea di non essere meritevole
di attenzioni e amore sia l’idea che gli altri non siano disponibili a
fornirle. La presenza di maltrattamenti familiari o abusi sia fisici che
sessuali aggrava ulteriormente la propria percezione di non amabilità
personale. L’insicurezza affettiva che alcuni sperimentano nella propria
vita adulta deriva, molto probabilmente, da queste precoci sofferte
esperienze relazionali. Si può, così, avere un sentimento ossessivo e
controllante dell’altro, caratterizzato da possessività e dipendenza
emotiva, oppure all’estremo opposto, un’eccessiva distanza relazionale,
una “distanza di sicurezza” dove vengono posti limiti al coinvolgimento
e alle manifestazioni di affetto, allo scopo di proteggersi dalla
previsione di rifiuto e abbandono.
Questi atteggiamenti, qui descritti in modo molto semplificato,
finiscono alla lunga per logorare il partner e la relazione, rendendo
quest’ultima esasperante, conflittuale e sempre insoddisfacente.
Inconsapevolmente finiamo col riprodurre l’instabilità e l’insicurezza
dei nostri precoci modelli relazionali, trovandoci intrappolati in un
circolo vizioso che crea e perpetua relazioni infelici.
La consapevolezza del modo in cui funziona la nostra mente, del modo in
cui le nostre aspettative costruiscono la realtà secondo un percorso che
conduce verso l’infelicità piuttosto che verso la felicità, può essere
di grande aiuto per cercare di interrompere la ripetitività dei nostri
atteggiamenti e comportamenti. Modificare noi stessi e le nostre scelte
sentimentali è sempre possibile.
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