PERDERE IL LAVORO: RISVOLTI PSICOLOGICI DELLA DISOCCUPAZIONE

E’ ben noto come il mercato del lavoro si sia trasformato negli ultimi anni. In passato il contratto a tempo indeterminato rappresentava una cornice di sicurezza per il lavoratore, che veniva messo nella condizione di progettare il proprio futuro. Oggi la diffusione del lavoro temporaneo, flessibile e la crisi economica hanno, invece, introdotto una prospettiva di incertezza e di instabilità, che  sempre più spesso, raggiunge il culmine nella perdita del proprio impiego, con ripercussioni psicologiche che non vanno trascurate.

La ferita all’identità e l’impatto emotivo

Il lavoro è un elemento fondamentale costituente l’identità; ne consegue che la perdita dell’impiego si riflette negativamente sull’immagine di sé; centrale è, quindi, una brusca caduta dell’autostima seguita da una pluralità di stati d’animo altrettanto perturbanti. Come le numerose e allarmanti preoccupazioni per le sorti del “bilancio familiare” e per il peggioramento delle proprie condizioni di vita, il senso di colpa verso i propri cari perchè ci si sente “un peso”. Ma anche la sensazione di essere vittima di un sistema ingiusto che spesso decide indipendentemente dalle proprie effettive capacità professionali, e di impotenza perché le regole del mercato del lavoro sono impossibili da controllare e da influenzare; emerge, così, un senso di rabbia e di sfiducia verso le persone e il mondo in generale.

Lo sconforto

Questo stato d’animo si inserisce lentamente e gradatamente nel vissuto di chi ha perso il lavoro. Inizialmente, infatti, vi è un rifiuto della nuova realtà e si pensa che in un modo o nell’altro si troverà un nuovo impiego. Quando, però, nonostante i numerosi tentativi, all’orizzonte un nuovo impiego non si presenta, allora sopraggiunge un periodo di pessimismo. Quando la disoccupazione diventa “cronica”, in genere dopo un anno di ricerche infruttuose, subentrano, infine, la rassegnazione e il ripiegamento su se stessi, preludio di un vissuto tipicamente depressivo. Ne conseguono una notevole perdita di energia, apatia e isolamento che, a loro volta, compromettono la possibilità d’inserirsi nuovamente in un’attività professionale. Si forma, così, un circolo vizioso che è necessario spezzare.

Il rinnovamento

Bisogna pensare innanzitutto che un cambiamento è possibile e scoraggiare l’arrendevolezza mantenendo uno stile di vita attivo sia nella ricerca di un nuovo impiego, sia nei piccoli gesti quotidiani; conservare una routine giornaliera permette, infatti, di ricavare un senso di sicurezza e di stabilità che aiutano a contrastare la temporanea sensazione di inutilità, di vuoto e di smarrimento. Tutti i vissuti relativi alla perdita del lavoro, dal senso di fallimento personale alla paura del futuro, devono trovare uno spazio di accoglienza, di comprensione e rielaborazione, anche rivolgendosi se necessario, ad un supporto psicologico. Quest’ultimo può rappresentare un aiuto ulteriore per  tutelare la propria autostima e facilitare la conoscenza di se stessi per individuare nuove risorse spendibili insieme a nuove modalità per “rimettersi in gioco”. Con una rinnovata fiducia nelle proprie capacità si possono acquisire nuove competenze e si può elaborare un nuovo progetto lavorativo. E, così, prende avvio un percorso di rinnovamento di sé e della propria vita

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